Sotto la “Pyramide de Falicon”

Alcuni mesi fa sono finalmente riuscito ad acquistare un libro edito nel 1804 a Torino, al quale davo la caccia da molti anni… il titolo é “La Grotta di Monte-Calvo” ed il suo autore, Domenico Rossetti, omonimo del “nostro” Domenico Rossetti De Scander, condivide con quest’ultimo non solamente nome e cognome ma anche una data di nascita quasi identica (rispettivamente 1772 e 1774) e la carriera di letterato ed avvocato… Per questo motivo, all’inizio della mia ricerca, quando avevo solo qualche scarna notizia riguardante l’esistenza del libro (ed Internet con le potenzialità odierne era ancora fantascienza), ero convinto si trattasse della stessa persona!

Ma tra le tante differenze che comunque li contraddistinguono, ce n’è una per me fondamentale… l’autore del libro di cui parliamo, oltre che un poeta, era anche un appassionato di archeologia e soprattutto uno “speleologo” (sempre che si possa parlare di “speleologia” agli inizi dell’800…), ed il suo poemetto descrive appunto una grotta da lui “esplorata” nei pressi di Nizza, già nota probabilmente da tempo immemorabile ai villici locali come “Bauma des Ratapignata” ovvero grotta dei pipistrelli.

La cavità in questione inizia con un bel pozzo d’accesso di una quindicina complessiva di metri, interrotto a metà da un breve piano inclinato: si giunge così in una caverna parzialmente illuminata dalla luce esterna, nella quale si apre lo stretto imbocco di un secondo salto che dà accesso alla sala finale il cui fondo si trova ad una quarantina di metri dalla superficie. Una breve rete di pozzetti, cunicoli e camini chiude il tutto.

La grotta non sarebbe di per sé particolarmente interessante visto che, oltretutto, due secoli abbondanti di vandalismi hanno lasciato ben poco delle concrezioni descritte nel volume…. Ciò che però la rende assolutamente unica è la presenza di una piramide costruita esattamente sull’ingresso… si, avete capito bene, una vera e propria piramide in stile egizio: la Pyramide de Falicon, dal nome del paese nei cui pressi si apre la grotta.

Fiumi di inchiostro sono stati versati negli anni riguardo all’origine di questo bizzarro monumento, ma in pratica non si sa tuttora con assoluta certezza chi lo abbia costruito e quando. Si parla di legionari romani e del culto di Mithra (vista la vicinanza con la colonia romana di Cemenelum o Cemeneleon – l’attuale Cimiez, citata dal Rossetti stesso nelle note del libro), c’e chi tira in ballo i templari (che in queste vicende misteriose, si sa, non mancano mai con i loro tesori) o addirittura terribili mostri imprigionati nella pietra per migliaia di anni… una breve ricerca su internet vi darà una variopinta carrellata di siti e filmati di improbabili esploratori, di cui una buona parte è FUFFA come troppo spesso succede… Se però vi servisse un rilievo decente della grotta rassegnatevi, nessuno si è ancora degnato di metterlo in rete… vi toccherà quindi acquistare l’ottimo libro di H. Broch, che sembra sia tra l’altro uno dei pochi ad aver trattato con serietà l’argomento. Io mi servirò del libro del Rossetti…

Ma in questo marasma di ipotesi vi è un elemento importante, un incontrovertibile dato di fatto, che lungi dal gettare luce sulla vicenda la rende ancora più misteriosa ed ha stuzzicato la mia curiosità: nel libro, la piramide non viene assolutamente mai citata, nemmeno nella minuziosissima descrizione dell’ingresso della grotta, allargato con mine, e del corridoio sottostante adattato con mazza e scalpello…


Allorchè qualcheduno arrivava tempo addietro all’ingresso della caverna, e curvavasi alquanto per guardare obbliquamente verso il fondo della medesima, altro non gli si rendeva visibile, che la sola strada, per cui doveva passare per giungervi. L’Antro era per lui uno spazio nero, che procedeva verso il centro della terra. Ora però, che a forza di mine la bocca si è di molto ingrandita, non vi è più tanta oscurità, e posso francamente affermare, che chi penetra al centro del primo salone, scorge ben chiari gli oggetti, che la circondano, senza ricorrere a lume alcuno.”
I macigni, che formano, e circondano la bocca della Grotta, se si considerino dal fondo del collo di pozzo sono pendenti al di dentro; ma la loro unione, ed il loro collegamento è tale, che non minacciano affatto di cadere”
L’ingresso della grotta rappresenta un triangolo, che nei punti dell’unione delle linee, ossia della formazione degli angoli, si accosta alquanto alla circolare, il che ci obbliga a considerarlo piuttosto come un triangolo composto di tre angoli ottusi. La lunghezza della sua superficie è di 4 e più metri, e di sotto si prolunga perpendicolarmente, in modo che forma una specie di collo di pozzo alto metri 5. Al fondo vi è un piano inclinato verso il settentrione lungo sette metri, e largo uno e mezzo, fatto alla guisa di un acquedoccio colla sua volta al di sopra, e si passa tutta la sua lunghezza prima di entrare nella Grotta. Ultimamente si è fatto scalpellare, e ridurre a comodi gradini, altrimenti si correrebbe il pericolo di sdrucciolare, e di precipitare poi dentro il primo salone per un’altezza verticale di 8 metri, che si incontra nel fine del descritto piano inclinato.”

Considerata la dovizia di particolari nelle puntigliose note redatte dal Rossetti, l’ostinata omissione farebbe pensare subito ad una costruzione posteriore alla data di pubblicazione del libro. Eppure, la prima cosa che salta all’occhio aprendolo è un bel frontespizio con l’immagine dell’autore che indica sornione proprio la piramide in questione…

Il frontespizio…


Si tratta quindi di un qualcosa di effettivamente già esistente e visibile all’epoca ma volutamente escluso dal testo per oscuri motivi, o di una dichiarazione d’intenti per l’immediato futuro? La piramide in effetti potrebbe anche essere stata costruita subito dopo la scoperta, ma affermarlo con certezza è tutt’altra cosa, tenuto conto che in pubblicazioni successive che parlano della grotta (oggetto di numerose visite per tutto l’ottocento) vari autori hanno continuato imperterriti ad ignorarla quasi fosse trasparente… eppure è evidente che non si tratta affatto di una costruzione recente. Roba da perderci il sonno!

Si aggiunga poi che la sottostante grotta ed i terreni che la circondano sembrano essere stati di proprietà di famiglie e personaggi fortemente legati all’esoterismo ed alla massoneria sin dalla metà del settecento e forse addirittura da molto ma molto prima, ivi compreso il proprietario del fondo all’epoca della “scoperta”, Giovan Giacomo Vinay, al quale il poemetto è dedicato, franco massone pure lui, come il Rossetti stesso tra l’altro…

Insomma, un alone di mistero circonda grotta e piramide, fulcro di riti esoterici, iniziati in epoca imprecisata, continuati poi nell’800 ed in particolare nei primi decenni del ‘900, e protrattisi addirittura sino ai giorni nostri, a giudicare da indizi facilmente individuabili da chiunque vi si avventuri…

Beh, ce n’era d’avanzo per spingermi ad organizzare l’ennesima vacanza in Francia (paese da sempre a me affine, abitato da un popolo che stimo ed ammiro). Convincere mia moglie , già assidua frequentatrice di Nizza per motivi legati alla danza, è ovviamente stato come rubare le caramelle ad un pargoletto…

Ed è così che il 20 di giugno io ed Ambra, ovviamente in compagnia dell’immancabile quadrupede bianco, abbandoniamo il comodo appartamento di Nizza dove abbiamo preso alloggio, e dopo aver parcheggiato la Panda lungo una stradina secondaria presso il paesino di Falicon, ci incamminiamo salendo con gli zaini lungo una comoda carraia. La temperatura non è affatto clemente, ma potrebbe essere peggiore viste le previsioni per i giorni a venire… la “canicule” incombe, ed il meraviglioso panorama della sottostante città è leggermente tremolante a causa della temperatura…

Nizza vista dal sentiero

Ben presto ci ritroviamo ad inerpicarci lungo una rete di sentierini che si diramano e si riuniscono tra bassi e folti cespugli, fortunatamente in gran parte non spinosi… giunti nei pressi di alcune rovine, anziché seguire la traccia che sembrerebbe portare direttamente sul luogo (oramai completamente invasa dalla vegetazione), optiamo per un sentiero ben battuto che però inizia gradualmente ad allontanarsi dalla nostra meta… alla fine siamo obbligati a tagliare attraverso i malefici cespugli, affidandoci al GPS, e dopo qualche sforzo la grotta bene o male viene raggiunta!

La “Pyramide de Falicon”


La cuspide Mancante


Da una parte sono assai soddisfatto di non aver trovato larghi sentieri e cartelloni turistici, dall’altra mi sento perplesso dinanzi alle caratteriche del luogo: nonostante la “Pyramide” sia così nota e pubblicizzata, essa si erge assolutamente irreale, in mezzo al nulla, con i tetti degli edifici periferici del paese sottostante che sembra quasi di poter toccare ma allo stesso tempo danno la sensazione di un mondo ormai lontano ed alieno. La costruzione, come già sapevo, è notevolmente danneggiata e mancante di buona parte della cuspide, che si è ormai trasformata in un una comoda piattaforma, ma l’insieme emana comunque un fascino irreale che sa di antico, e l’imbocco della grotta richiama alla mente atmosfere degne di Lovecraft… Solo la presenza di un traliccio dell’alta tensione nelle vicinanze e la vista di alcune piastrine inox fissate all’imbocco del pozzo (che stimolano i miei mai completamente sopiti istinti speleologici) mi riportano alla realtà. Nonchè la calura… ci troviamo sul versante esposto al sole, manco un albero seriamente utilizzabile per ripararsi, solo bassi cespugli a perdita d’occhio… nemmeno la piramide fornisce un minimo di ombra, a differenza di quanto speravo inizialmente, visto che il lato utile neanche a dirlo è proprio quello interrato! L’astuto cane si è già trovato una cuccia ombrosa e vi si è sistemato, beato lui, mentre noi iniziamo a cambiarci.

Come prima cosa allestisco l’attacco per la corda, in mutande e calzini, rimpiangendo di non aver preso in considerazione la crema solare protezione 50, rimasta in albergo. Poi, stoicamente, indosso sottotuta e tuta traspirante, godendomi una sauna finlandese istantanea. Ambra, credendosi astuta, rifiuta di sottoporsi alla medesima tortura e ridacchiando indossa gli strumenti direttamente su una leggera tuta da ginnastica… successivamente se ne pentirà!

L’ingresso

Il primo pozzo


Inizio a scendere, godendomi la progressiva frescura. Ambra mi segue. Giunto sul fondo estraggo il cellulare sul quale ho scaricato le scansioni delle pagine del libro con la descrizione della grotta, ed inizio ad individuare le varie zone descritte, cercando di capirci qualcosa… mi rendo subito conto che, in quanto a concrezioni, siamo messi assai male. Duecento anni di incuria hanno dato i loro frutti, mi piange il cuore!

Panoramica della Sala

Le grandi colonne sono ancora al loro posto, non più scintillanti ma verdi di muschio a causa della luce esterna proveniente dall’ingresso allargato all’epoca con le mine… delle altre concrezioni è rimasto assai poco, persino oltre i fori “in cui non si può introdurre un uomo anche di mediocre grandezza”

Rinvengo antichi scalini, nonchè numerose scritte per lo più databili ai primi decenni del novecento, ed inizio a scattare qualche fotografia. Ambra, una volta esaminata minuziosamente tutta la caverna, vaga ormai senza meta, sempre più infreddolita: lo sbalzo di temperatura tra l’interno e l’esterno è letale… quando manifesto l’allegra intenzione di calarmi nel poco invitante pozzo interno, mi fa ciao ciao con la manina ed inizia a risalire, lasciandomi solitario a godere della misteriosa atmosfera del luogo.

La scalinata


Scritte…


Mi calo attraverso il malagevole orifizio che però subito si allarga, e dopo una neanche tanto breve discesa (la conformazione del salto obbliga a frazionare), raggiungo la sala che pone fine alla cavità: Sorpresa!!! …nessun tesoro dei templari, ahimè, ma in compenso mi trovo davanti un discreto cumulo di immondizie. Pare che la relativa mancanza di rifiuti nella prima caverna sia dovuta al fatto che quasi ogni ciarpame è stato gentilmente avviato da mani caritatevoli verso il fondo della grotta. L’autentico mistero attorno a questo luogo, insomma, è come cazzo abbiano fatto tante schifezze a raggiungere un posto così isolato e privo di strade, altro che mostri pietrificati! Certo non siamo nemmeno lontanamente vicini ai livelli di sporcizia di molte grotte italiane o slovene, ci mancherebbe, ma comunque Chapeau… Datevi da fare, amici francesi, e forse un giorno (ma non credo) riuscirete ad inquinare le grotte quanto noi!

Risalgo, senza aver chiarito alcun mistero: una disostruzione seria in alcuni punti del labirinto finale di pozzetti e camini richiederebbe tempi incompatibili con la mia vacanza e comunque, trattandosi di ostruzioni palesemente causate da eventi naturali e non dalla mano dell’uomo, avrebbe come massimo (ed incerto) risultato un semplice incremento dell’estensione della grotta. Sarebbe invece interessante intraprendere uno scavo alla base del consistente cumulo detritico che costituisce il fondo inclinato della seconda sala: l’enorme mole di detriti, evidentemente provenienti dalla sala superiore (gettandoli dall’esterno non avrebbero potuto raggiungere l’imbocco del pozzo), potrebbe verosimilmente aver ostruito il terzo pozzo descritto dal Rossetti e di cui non vi è più traccia alcuna… sembra infatti assai improbabile che il Rossetti abbia gettato i suoi “grossi sassi” nel foro che si trova attualmente a qualche metro di altezza in parete e che, all’epoca della scoperta, doveva trovarsi ancora più in alto rispetto al fondo della grotta… Se si sia trattato di un intenzionale occultamento della prosecuzione della grotta da parte di ignoti, o del semplice accumulo di pietrame gettato nel pozzo dagli innumerevoli “turisti” nell’arco di duecento anni non sono in grado di dirlo.

E’ stata comunque una simpatica esperienza, penso tra me quando raggiungo Ambra ed Ajka all’esterno; mentre mi cambio e stacco gli ultimi moschettoni dalla parete sento quasi sfrigolare il sudore sulla pelle… saremo cotti a puntino, mi domando, o necessitiamo ancora di una leggera doratura? Mah.

Il ritorno, in discesa, è assai più rapido, e ben presto raggiungiamo la Panda per una minuziosa cottura a vapore finale. Neanche a Masterchef… solo la relativa frescura dei tavolini del bar nel parco del Jardin des Arènes de Cimiez ci salvano da una fine orribile! Che si tratti della maledizione della piramide? Speriamo di no, perchè la nostra vacanza nel sud della Francia è ancora lunga…


AGGIORNAMENTO GENNAIO 2020:

Quella che era iniziata come una semplice gita senza pretese, ovvero la mia intenzione di scendere in una grotta indubbiamente “particolare” durante una vacanza in Francia, utilizzando come guida un testo originale dei primi dell’ottocento, si è ben presto trasformata per il sottoscritto in un’ossessione… i misteri irrisolti, si sa, mi infastidiscono.

Qualche mese dopo il mio rientro a Trieste, per cercare di iniziare a capirci qualcosa, ho deciso di acquistare il libro di H. Broch “La mystérieuse Pyramide de Falicon” del 1976 che però, per quanto assai interessante, non poteva fornirmi notizie riguardo agli avvenimenti degli ultimi quarant’anni… dopo ulteriori ed inutili ore passate in rete ho temporaneamente abbandonato le mie ricerche, distratto da altre esplorazioni.

Di recente mi sono finalmente procurato una copia delle “Mémoires de l’Institut de Préhistoire et d’Archéologie Alpes Méditerranée” (Tome L) del 2008 a cura di Ungar, C. – Bény, P. – Duvivier Y. ovvero una poderosa ed aggiornata monografia di 318 pagine interamente dedicata alla Pyramide de Falicon ed alla sottostante Grotte des Ratapignata. L’opera è estremamente dettagliata e ricca di riproduzioni di immagini e documenti originali, e devo dire che è riuscita a convincermi che la piramide è stata verosimilmente costruita attorno al 1812 dai proprietari della grotta per renderne evidente l’accesso a fini turistici…

L’unica cosa che, però, mi ha un po’ deluso, è stata la mancanza di un rilievo a piena pagina preciso ed aggiornato della grotta, che in una monografia del genere non sarebbe assolutamente dovuto mancare, a costo di redigerne uno ex-novo appositamente (cosa non particolarmente laboriosa vista la scarsa estensione della cavità). Quelli presenti nel libro sono del 1901 e del 1950, tra l’altro di dimensioni talmente ridotte da richiedere una lente d’ingrandimento per poter distinguerne i particolari…

Manca inoltre (in questo caso totalmente) un rilievo del sotterraneo scoperto da Broch nei pressi della Bastide, di cui nella monografia troviamo solamente una fotografia dei vani interni scattata dalla Ungar nel 1984: l’unico riferimento all’interessante prosecuzione verticale individuata da Broch ed ostruita da pietrame (che l’autore stesso nel suo libro si augurava venisse presto disostruita da qualcuno) è una scarna informazione “orale” relativa ad un “radioréperage” (prospezione geoelettrica) effettuato nel 2008 che situa il punto finale della galleria “sulle terrazze calcaree al di sopra dell’ingresso”… un risultato che non mi sembra ci porti molto più avanti rispetto al rilievo di Broch del 1976.

E’ stato poi trovato un ingresso superiore? E’ stata tentata in quarant’anni la disostruzione della frana dall’interno? E’ ancora accessibile l’ingresso del sotterraneo dopo la lottizzazione del terreno negli anni ottanta?

Tutte domande apparentemente senza risposta… almeno per ora.

Peccato, perchè anche se appare assai improbabile che il sotterraneo si colleghi alla Grotte des Ratapignata come vorrebbe la leggenda, sarebbe comunque estremamente interessante capire dove conduca la “cheminée circulaire verticale, d’un diamètre de un mètre, magnifiquement maçonnée mais malheureusement entièrement comblée” descritta da Broch, e quale funzione abbia potuto avere nell’ambito dell’opera per la captazione delle vene d’acqua, tenuto conto anche del fatto che quel ramo al momento della scoperta risultava riempito di pietrame e ben nascosto dietro una solida parete… Da speleologo, e secondo la mia esperienza (anche qui da noi abbiamo vari esempi di gallerie artificiali per la captazione delle vene d’acqua o “wasser gallerie scavate verso la metà del settecento e molto simili a quella della Bastide), non riesco proprio ad immaginare una funzione plausibile per quello strano camino verticale ingombro di pietre evidentemente gettate dall’alto… o si tratta di un opera a se stante, già in parte ostruita, che è stata casualmente intercettata durante lo scavo della galleria orizzontale e poi scartata chiudendola e deviando verso destra, oppure la galleria stessa potrebbe essere stata scavata sfruttando in parte un’opera preesistente… quest’ultima supposizione, a mio parere, potrebbe anche spiegare le evidenti difformità nella sezione del corridoio rettilineo iniziale di quaranta metri descritte da Broch…

Quindi, dove porta quello strano camino verticale? Come mai all’esterno, sui terrazzamenti calcarei e nel punto indicato dalla prospezione geoelettrica sembra non esservi traccia di opere che indichino un qualche indizio di ingresso ostruito?

Insomma, nonostante l’ottimo lavoro degli autori della monografia sembra che qualche mistero rimanga tuttora insoluto, e sarebbe un peccato lasciare le cose come stanno visto che il passare degli anni non potrà che rendere sempre più difficile trovare indizi certi e scientificamente accettabili.

Non ci resta che attendere, e sperare nella buona volontà e nell’ostinazione degli speleo e dei ricercatori francesi…

6 thoughts on “Sotto la “Pyramide de Falicon”

  1. Ciao bellissimo articolo! Una curiosita’ che idea ti sei fatto degli scalini all’interno? chi li avrebbe costruiti? e del famoso viso, visibile all’interno su una roccia? Grazie se mi risponderai

    1. Ciao, scusa per il mostruoso ritardo… per gli scalini secondo me è plausibile che siano stati realizzati nell’ambito degli adattamenti “turistici” di inizio ottocento. Il “viso”, che si nota solo guardando un grande gruppo stalagmitico da una particolare angolazione, è un fenomeno del tutto naturale, peraltro assai frequente in grotta.

  2. Molto interessante il vostro articolo e le fotografie. Sono uno dei scitorre del “Mémoires de l’institiut de Préhistoire et d’archéologie, tome L”. Mi piacerebbe parlare con lei.

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