Giornata fiacca, Giusto è rientrato dal Canin pieno zeppo di neve, io sono stressato dopo esser ritornato – mio malgrado – “studente” dopo 15 anni mentre Bonni è tubercolotico … okey andiamo sul Monte Nevoso (Sneznik)!
Ci ritroviamo allo “Spar” di Ilirska Bistrica, io e Giusto con il Patrol, mentre Bonni, Zdenka e Rip condividono la Yaris. Zdenka si fa subito notare in mezzo ai filari di merce di ogni genere: vestita completamente di rosso fiammante indossa con classe la sua bandana rosa con teschietti neri esibendo al tempo stesso – appesa al collo – l’immancabile frontale Petzl (come fosse un collier di Cartier). Lo scopo della luce ci è ignoto, l’unica spiegazione che riusciamo a darci è che forse teme di rimanere al buio inavvertitamente non riuscendo ad ultimare la spesa: impensabile farsi sfuggire le offerte 3 x 2 !!!
Fa caldo, speriamo in un po’ di frescura e partiamo per “sondare” la spaccatura piena d’aria da me casualmente notata l’inverno passato. E’ sul bordo di una carrareccia, logisticamente roba da “Grotta Continua”: comoda comoda comoda. Per non fare gli sboroni decidiamo però di NON parcheggiare davanti all’ingresso e ci fermiamo qualche centinaio di metri prima per sgranchirci le gambe portandoci appresso gli zaini con il materiale necessario: Giusto ha racimolato la roba d’armo, io porto una corda e una paletta, Bonni un paio di mazzette, fettucce e due scalpelli.
Dopo 15 minuti siamo in zona. All’ombra. Il fianco della carrareccia – senza neve – si rivela una gigantesca frana ricoperta di aghi d’abete e muschi. Divento “musone”. Come cani da tartufo ci inerpichiamo su per il monte alla ricerca di altri ingressi/giri d’aria etc etc. Alla fine decidiamo che non ne vale la pena e ci concentriamo a bordo strada dove avevo visto la spaccatura in inverno. L’aria c’è: i muschi sfarfallano nell’aria. Ci gasiamo e via! Scatta lo scavo. Mentre cerchiamo di spostare IL macigno enorme che fa da “guardia di porta” costringendoci ad evoluzioni sciocche per allargare l’ingresso accade il prevedibile: passa un fuoristrada e si ferma dopo averci passati di 3 metri. Scende un uomo e ci attacca un bottone in sloveno. Scatta il jolly: Zdenka gli risponde e iniziano a discorrere amabilmente per circa 10 minuti. Io Giusto e Bonni fremiamo, ma intuiamo che è meglio aspettare finiscano i convenevoli. Alla fine sopraggiunge un’altra macchina, l’ospite ci saluta e rimaniamo nuovamente soli. Guardiamo Zdenka e la supplichiamo di dirci che si sono detti. L’ospite si è detto speleo, hanno parlato della fava e della rava poi ci ha gentilmente invitati a non perdere troppo tempo con lo scavo, perché la grotta l’ha già “rilevata” LUI dall’esterno con un metro laser anni fa: sono circa 12 metri di profondità e poi va un po’ in orizzontale a dx. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere: è semplicemente impossibile. Alla fine propendiamo per due ipotesi: o gli occupanti della jeep erano dei burloni oppure erano reduci da una grigliata estrema … Lo scavo è assolutamente “vergine” – fuori di dubbio – e quello che l’ha occluso risale all’epoca della costruzione della strada parliamo di circa 80-90 anni fa. E’ una spaccatura più stretta in alto il cui fondo è circa 4-5 metri + in basso. Fine della storia.
Ridendocela di gusto riaffrontiamo il masso biblico schivando ragni neri brutti e grossi. Giocando d’astuzia con mazzette, scalpelli e un paio di fettucce lo abbattiamo su un lato, poi, guadagnato lo “spazio vitale” approfondiamo lo scavo, rinvenendo non un fessurone nel pieno (bene!), ma un ”pozzo” di circa un metro di diametro intasato da pietroni e terra nera (ottima per il giardino dirà sempre Zdenka). Scaviamo fino all’una. Pausa Pranzo. Riprendiamo nel pomeriggio. Il sole gira e ci ritroviamo al sole battente. Fa caldo (a meno che non si stia nello scavo). Purtroppo pur procedendo velocissimamente non sfondiamo e troviamo dei pietroni che FORSE sono lo sperato tappo, ma il fessurone ci guarda beffardo e ci ipnotizza come un Palanthir. Io mi riempio inavvertitamente i pantaloni e i boxer di terra graffiandomi nel mentre la schiena. Giusto ormai sembra abbronzato, ma è solo cosparso di terra dappertutto. Zdenka prende il sole come una gatta. Bonni ostenta indifferenza, ma ad ogni movimento ricorda con terrore le sofferenze patite nello scavo sul monte San Gabriele un anno fa … BASTA. Dissimuliamo il tutto alla perfezione e la finiamo là. Ci ritorneremo magari con la neve per vedere se l’aria c’è ancora o no, oppure faremo un sopralluogo fra qualche mese: magari scopriremo che il pozzo spalanca e batte 12 metri e poi va in orizzontale … chi può dirlo?!
Al ritorno ci fermiamo a bere una Radler gelata a Sviščaki dove Giusto condivide con Bonni e Zdenka la filosofia del Kitaj e la poesia di Sung che scaturiscono nel recupero con barella italiana o slovena. E’ uno scontro fra titani. Giusto la fa da padrone con ancoraggi quadrupli, portanti e tiranti, ma infine deve indietreggiare davanti alla figura possente di “Bernard” e suo fratello, speleo mistici e giocherelloni con comprovati poteri sovrannaturali in forza alla squadra slovena. Sono le 18. Le palpebre calano. E’ tardi. Tutti a casa.