Oggidì il Potle (noto anche come il Buonarroti di Kontovel) mi ha portato a zonzo nei pressi di Aurisina alla ricerca di una lastra di pietra adatta ad essere trasformata, dopo adeguato lavoro di cesello, in lapidea insegna posta all’ingresso del magazzino di GC.
Vista la splendida giornata, ho pensato bene di portarmi dietro tutto il necessario per una battutina alla ricerca di nuove grotte (noblesse oblige…), ed ho fatto benissimo visto che, una volta sul posto, mi sono reso conto di trovarmi in una zona già precedentemente giudicata interessante e poi mai controllata. Scoprirò ben presto che anche Kubo ci aveva da tempo messo gli occhi sopra… in effetti, con l’occhio del Cercatore Seriale di Cavità ed un adeguata cartografia dinanzi, è difficile non notarla… Esistono ancora, qua e là sul nostro fin troppo antropizzato altipiano, queste micro-zone che per misteriosi e perlopiù imperscrutabili motivi sembrano essere state snobbate, totalmente o solo in parte, dalle numerose generazioni di speleo che ci hanno preceduto. A pochi passi dalla macchina già ci imbattiamo in un possibile buchetto…
Abbandonata ben presto la ricerca della lastra calcarea a beneficio di ben più interessanti ravanamenti, ci gettiamo anima e corpo nella battuta di zona, io con gps alla mano per una battuta “a tappeto” ed il Potle ovviamente nell’abituale modalità full-random, ovvero “a sentimento”.
Dopo aver perso e ritrovato più volte Ajka (in preda ai soliti attacchi di randagismo canino) ecco che, ad un certo punto, ci riuniamo improvvisamente tutti quanti dinanzi all’imbocco di un pozzo… badate bene, non il solito forellino da allargare o qualche umido anfratto promettente… proprio un bell’ingresso di grotta già pronta per l’uso, con tanto di macigno ad occluderne parzialmente l’imbocco. Ricontrollo per sicurezza sul palmare, ma il responso è categorico: di grotte catastate li non ce ne sono… la più vicina è segnata a trecento metri di distanza, e sembra improbabile che l’abbiano cannata di tanto. Il Potle scalpita, ma l’ingessatura non gli permette nulla di più. Mi tolgo sornione la giacca, indosso la frontale sul berretto di pile, i guanti, e mi infilo in arrampicata tra il macigno e la parete. Scesi tre metri mi fermo su alcuni massi incastrati, frugando speranzoso con il fascio di luce oltre l’ostacolo: il pozzo continua alla grande, e le pietruzze lanciate in esplorazione fanno presagire almeno altri dieci metri di discesa. Benissimo! Risalgo lungo la parete ben concrezionata, resa asciutta da una promettente corrente d’aria, e raggiungo all’esterno un cane preoccupato ed un Potle più che altro desideroso di notizie. Stabiliamo che la giornata (che oramai volge al termine) è stata sufficientemente proficua, e non sarebbe carino mancare l’appuntamento con l’osmizza ripetutamente citata nonchè bramata nel corso delle odierne peregrinazioni…