23 maggio
Dopo i proclami della volta scorsa, nonostante gli ambienti angusti e l’impossibilità di lavorare in più di due alla volta, ci ritroviamo in 3: Kubo, Pippo e Toni. Grandi aspettative. Morale alto. Sono arrivato finalmente con la macchina ed ho parcheggiato di nuovo al Camping di Monte Grisa: 15 minuti scarsi di tragitto. Ci parliamo mentre ci prepariamo all’esterno del pozzetto d’ingresso e concordiamo il da farsi. Mi viene lasciato l’onore di armare in corda e scendo per primo.
Pippo segue. Toni chiude la fila e porta l’attrezzatura da scavo (sperando non serva più). Arrivo alla base del pozzetto sceso la volta precedente e mi affaccio sul saltino: aria fresca e tersa mi accoglie. Faccio un armo naturale mentre dico a Pippo di scendere. Quando arriva, lo saluto e mi fiondo nel saltino successivo.
Sono in piedi in un ambiente circolare di poco più di un metro di diametro. Di fronte a me una frattura orizzontale “strettina”. Dico a Pippo di scendere, Mi raggiunge e studiamo il da farsi. Inizia il lancio di pietre nella frattura: al primo lancio becco un passaggio e la pietra cade di sotto … seguono echi lontani e sordi! Sembrano almeno 30 metri e larghi! Sorrisone. Bene e ora che si fa?
Inizio a provare ad infilarmi nella frattura per capire come procedere, ma le “mie lunghe leve” (le mie gambe) mi ostacolano e mi incastro: subentra Pippo che con la sua corporatura da Gollum trova il modo di vincere il tappo di frana. Sparisce davanti a me. Segue silenzio. Poi una frase “Ho sceso un salto di circa 4 metri in arrampicata e continua! Restringimento/finestra che immette nel pozzo parallelo dove abbiamo lanciato le pietre più in alto! Vedo nero! Risalgo.”
Dopo qualche combattimento con l’ennesimo passaggio sacrificale Pippo riemerge e decidiamo come procedere: Toni scende, armiamo un attacco prima della frattura, si fraziona post passaggio angusto e si lavora sulla finestrella sottostante appena individuata. Cosi è. Così si fa. Dopo un paio d’ore di duro lavoro di allargamento con trapano e demolitore Pippo e Toni risalgono: dobbiamo mollare il colpo per i consueti vincoli d’orario. Si esce. Sperimentiamo così il simpatico martirio per far uscire i sacchi dalla base del pozzetto d’accesso alla superficie.
Decidiamo per una mossa d’astuzia: il primo sale portandosi appresso il capo di una corda da scavo e una volta passata la strettoia d’imbocco del pozzetto recupera i sacchi. Poi a seguire esce in arrampicata all’esterno e si ripete il giochino per gli ultimi 4 metri. La cosa fila via liscia, ma si comprende che non è una passeggiata uscire dalla “grottina soffiante”. Da -18 ci mettiamo mezz’ora abbondante ed usciamo “masticati”. Per uscire in arrampicata/pressione dal pozzettino d’accesso è necessaria molta tecnica, forza e una notevole dose di masochismo. La ciliegina sulla torta. Domani si replica, saremo io e Pippo. Toni non può aggregarsi per impegni già presi.
24 maggio
Ore 12.00 al parcheggio del Camping di Monte Grisa. Operativi e via. Ci cambiamo. Un sacco a testa (uno da scavo e uno d’armo) e scendiamo rapidi: in zò tuti i santi iuta e sburta. Scendo per la prima volta il passaggio ostico nella frattura orizzontale: faccio “baruffa”, ma ce la faccio. Pippo mi aspetta e mi esorta “Vai Kubone!” Guardo la “finestra”, manca poco per passare. Dopo i pesanti lavori di disostruzione di ieri basta disgaggiare con il piede di porco e smazzettare un po’. Detto fatto, mi infilo e sono “di là”.
Guardo sopra, guardo sotto: un bel pozzo concrezionato ed asciutto di un metro e mezzo di diametro con alcuni restringimenti. Pianto un bel fix inox e giù. Pulisco tutto il pietrisco che trovo. Restringimento, armo naturale su colonnetta e giù di nuovo, ambiente più largo sembra la base del pozzo … ma come non può essere! Gli echi e la caduta delle pietre dicevano ben altro! Ma è così, magia acustica di ambienti ermetici. Toppa.
Delusione cocentissima. Dico a Pippo di scendere e nel frattempo ficco la mia “grande napa” nei vari pertugi con la speranza di trovare una possibile prosecuzione … e la trovo! Per tutti i nostri peccati si tratta di una orribile fiepa orizzontale che si apre ad un metro e mezzo d’altezza dal fondo del pozzo da cui esce il beffardo respiro potente di questa grotta. Io mi demoralizzo. Pippo no. Felicissimo di sapere dove è la prosecuzione nutre cieca fiducia nei nostri mezzi di disgaggio. Decidiamo di aggredire la fessura per poi riprendere il lavoro la volta seguente. Fuori il trapano e si fa.
L’aria entra ed esce … respiri profondi e costanti come 2 mesi fa. Aria sempre aria. Tanta aria. Questo ci sprona. Finita la prima parte di disgaggio dopo aver piazzato un paio di belle “fuffe” usciamo. Profondità stimata raggiunta -30. Per uscire con i giochini della corda passa-sacco ci mettiamo quasi un’ora. Il passaggio ostico a metà della risalita mi artiglia e mi trattiene per quasi 10 minuti buoni.
All’uscita disquisiamo un po’ su cosa abbiamo trovato. Bisogna dargli un nome, ma non mi sento ispirato. Sorridendo, mi sovviene però un aneddoto sui costanti giochini di aria e vapore cui ormai siamo abituati underground e narro a Pippo di “Mama Fanta”, mitologica presenza in un libro che narra le gesta della Legione Straniera Francese nel Corno d’Africa.
A Gibuti, una prostituta ormai troppo vecchia per sollecitare qualsivoglia desiderio e per di più sdentata, pur di sbarcare il lunario intratteneva gli sbigottiti legionari con giochini di prestigio e nuvole di nicotina, fumando delle semplici sigarette munite di bocchino col suo corpo raggrinzito avvolto in un accattivante scialle rosa pallido … che visione!!!! Sghignazziamo come pazzi pensando alle nuvole di vapore nella grotta sotto i nostri piedi e ce ne torniamo a casa …
Nella testa un pensiero ci martella: Mama Fanta, Mama Fanta … che ne sarà di noi?