Nonostante sia venerdì, riusciamo ad organizzarci per l’esplorazione alla Grotta dei Cannelli… Toni si è addirittura preso un permesso sul lavoro ma può rimanere solo fino all’ora di pranzo, mentre Gianni ci raggiungerà dopo le 13.30. Celly è infervorato, come d’abitudine… partiamo con lo spirito giusto! Inizio io, armando il salto oltre l’ultima strettoia e giungendo dopo alcuni metri di discesa in una sala assai ben concrezionata… ammiro una stupenda colonna, che collega le immacolate colate cristalline del pavimento con il soffitto irto di stalattiti… gli stretti pozzetti che abbiamo sceso hanno qui incrociato un tratto di galleria in pendenza, interrotto verso l’alto da un enorme ostruzione di argilla e verso il basso da una frana di blocchi erosi. Mi muovo come un equilibrista sino all’imbocco di un pozzo, cercando di evitare l’argilla per non sporcare inutlimente le colate, poi Toni e Celly mi raggiungono ed è la fine.
Nonostante le mie raccomandazioni i due facoceri, presi dalla frenesia esplorativa, grufolano e zampettano quà e là con risultati agghiaccianti… mi rassegno pensando che il disastro era comunque inevitabile, con tali quantità di argilla sparse a macchia di leopardo… Toni, sguazzando in salita nel fango, scopre l’imbocco di un secondo pozzo mentre Celly nella parte erosa trova un foro promettente da allargare a mazzetta. Scattiamo un sacco di foto e filmati, poi iniziamo a scendere il primo pozzo: l’atmosfera è rilassata e goliardica, è bello essere per l’ennesima volta insieme ad esplorare… Arma Toni, che ad un certo punto mi chiama per problemi con un fix che gira… Gli dò il cambio e risolvo facilmente la questione. Nel frattempo però si è fatto tardi, e deve uscire per essere in ufficio in tempo… subentra Celly, che a metà pozzo ha anche lui problemi con un fix e ne deve mettere un’altro (sembra proprio sia una giornata negativa per i fix…). Il trapano risuona nuovamente, col suo ronzare ipnotico. Poi un rumore acuto di atroce sofferenza meccanica, condita da una compilation di bestemmioni… da sotto Celly mi informa avvilito che gli si è incastrato il trapano (Incastrato il trapano???
Visualizzo incredulo scene tipo “La Spada nella Roccia”). Allora scendo assai incuriosito, per vedere coi miei occhi questa meraviglia, e scopro come prima cosa che Celly sta inspiegabilmente cercando di piantare dei fix in una calcite che ha la consistenza nonchè l’aspetto del mascarpone… Il trapano spunta fiero dalla parete. Mostro a Celly il comando che inverte la rotazione (assai poco visibile in questo modello di trapano, bisogna dirlo) ed estraggo facilmente l’attrezzo con una mano sola, aggiudicandomi il Trono d’Inghilterra. Quindi, con una mazzettata faccio sparire per sempre il fix residuo nella calcite, prima che qualcuno lo veda e ci denunci per tentato speleocidio; poi, senza proferire parola, infilo un cordino in una magnifica clessidra di concrezione a 10 centimetri dai due fori (AH! …no la gavevo vista…) e lascio che il buon Celly finisca il lavoro e continui la sua discesa.
Mentre attendo al frazionamento, noto che proprio in quel punto il pozzo, impostato su una diaclasi, si prolunga orizzontalmente verso ambienti interessanti, così mi stacco dalla corda e traverso in spaccata per una decina di metri raggiungendo un foro intransitabile che dà su un ambiente largo e riccamente concrezionato. Torno indietro e raggiungo Celly alla base del pozzo. Ravaniamo qua e là ma non troviamo prosecuzioni…. Secondo gli altimetri dei nostri orologi ci troviamo ad una cinquantina di metri totali di profondità. Risaliamo, e giunti al frazionamento lo invito a seguirmi sino al foro che subito allargo a mazzettate, riuscendo alla fine a passare. Scendo in arrampicata per alcuni metri ma anche qui, a parte la bellezza del luogo, niente prosecuzioni. Risaliamo nella galleria, e andiamo a vedere il buco che aveva trovato Celly: anche qui, dopo breve lavoro di mazzetta, superiamo un saltino accedendo ad una saletta carina ma senza ulteriori possibilità esplorative… non ci resta che il pozzo trovato da Toni.
Ci inerpichiamo sulla colata di fango e ne raggiungiamo l’imbocco. Arma Celly, io lo seguo. Il pozzo è il più bello visto sinora, siamo avvolti dalla calcite bianca e sfavillante di cristalli… purtroppo il fondo è tappato ermeticamente dalle colate, nemmeno un forellino millimetrico… e così sfuma la nostra ultima speranza di ritrovare l’aria, e con essa la via per ulteriori profondità. E’ plausibile che essa si infili negli innumerevoli anfratti della frana erosa alla base della galleria, o sul fondo del primo pozzo sceso, ma uno scavo di quel genere a questo punto non lo consideriamo nemmeno! Mentre risaliamo, ci giungono alle orecchie delle voci… è Gianni, che si avvicina rilevando lungo i soprastanti venti metri di strettoie… parla da solo? Chi ci sarà mai con lui?!? Lo scopriamo molto tempo dopo, mentre stiamo finendo di mangiare stravaccati nella parte asciutta e pulita della sala: eccolo arrivare con Andrea, non l’Andrea del maneggio ma bensì un allievo fresco di corso al GTS e mai entrato in contatto con luoghi angusti prima d’ora… Beh, nell’eventualità che prima o poi riesca ad uscire da questa grotta credo avrà una certa pratica di strettoie…
Gianni grufola quà e là, mentre gli facciamo gli onori di casa, poi ci guarda sconsolato e dice: “Qua xè un casin per el rilievo… ghe vol el Potle col palmare”, e mette via il quadernetto. In effetti è anche abbastanza tardi, e non vorremmo restare chiusi dentro al maneggio con le auto o peggio, veder arrivare gli amici del CNSAS… Lasciamo tutto armato per la prossima uscita ed iniziamo la risalita. Il passaggio in arrampicata delle varie strettoie in salita si presenta come previsto piuttosto impegnativo per Andrea, che fa ammenda per tutti i suoi peccati passati, presenti e futuri, ma alla fine ci ritroviamo tutti sani e salvi all’esterno.
Ora rimane la parte più difficile: convincere il Potle a fare il rilievo…