Ci sono giornate insipide, giornate amare, qualche giornata dolce e rarissime giornate di zucchero … questa è una di quelle.
Domenica 15 ottobre io e il Potle a “sentimento” ci siamo recati in Val Resia sui contrafforti delle Babe, un meteo caldo ed estivo ci ha fatto sudare e sbuffare, ma ci ha anche regalato inaspettatamente un paio di sorprese. Una di queste è una cavità a ridosso delle pareti nei pressi del Bivacco Costantini: invisibile a meno che non la si raggiunga dopo una traversata in quota di meno di 100 metri su pareti erbose ed infide. Senza materiali e distox abbiamo sceso la caverna iniziale fermandoci su un fondo ghiacciato che dà su saltino laterale di 5-6 metri. Non rimaneva che programmare un ritorno in zona per chiudere il cerchio …
Il venerdì sera successivo scatta il delirio nel Gruppo whatsapp, io in rientro in treno da una giornata piena a Milano inizio a tempestare di input i miei possibili compagni di avventura. Fortunatamente siamo in quattro il sabato e fissiamo in modo improbabile luogo e ora della partenza, racimolando alla meno peggio auto, materiali e la voglia necessaria. Giusto, Potle, Drop e il sottoscritto siamo i 4 dell’oca selvaggia che salgono sulla Nissan Juke del Drop in direzione Resia alle 07.30 del mattino. Nebbia. Umidità. Sonno. Personalmente sono ko dopo una settimana di delirio in ufficio. Sosta a Resiutta “ritual” e poi via di nuovo con destinazione Malga Coot. Alle 10 siamo al parcheggio. Preparazione dei materiali: alla fine decidiamo di portarci 2 corde (un 25 da nove e un 60 da 10), trapano, qualche cosina per armo e Distox. Via! Abbiamo 1 ora e 40 di sentiero per arrivare al Bivacco se rispettiamo la tabella. Ci riusciamo (chi prima chi un pò dopo) ed usciamo dalle nuvole: spettacolo sulla valle sottostante.
Dopo un veloce stop per sgranocchiare qualcosa traversiamo il pendio erboso e siamo sul “Luogo del delitto”. Giusto non crede ai suoi occhi. La voragine è imponente, le foto noi le avevamo fatte girare .. ma lui non aveva capito le reali proporzioni. Va in frenesia esplorativa. Io e Potle ce la ridiamo. Drop è un po’ stanchino e approfitta del tiepido sole per ricaricarsi pensando che era una giornata perfetta per volare.
Spartizione dei compiti: Giusto si prepara e va subito ad armare il saltino sul bordo del ghiaccio, Potle a seguire per foto e rilievo, io mi impossesso del Distox e vedo di allinearlo al mio smartphone per fare un benedetto rilievo 3D.
Giusto dopo neanche 15 minuti è già alla base del saltino ed inizia ad insultarci: vecchi maledetti, avete avuto di nuovo un culo sfacciato … DATEMI il 60 … la corda da 25 non basta! Preparatevi a scendere a rilevare e a far foto! Sono circondato dal ghiaccio fossile! Ambienti grandi e fiabeschi! Figo! Grazie veci! Grandi! Dai che si esplora!
La cosa prende tutti di sorpresa: nessuno si aspettava potesse continuare così! E per fortuna che “a sentimento” ci siamo portati anche un 60 e qualcosa per armare sennò bye bye! Drop si rammarica di non avere l’attrezzatura, Potle si veste e scopre di non avere con sé il Croll, io so di avere tutto per la progressione, ma NON la tuta. Delirio. Potle confabula con Giusto e trovano un modo per sostituire il bloccante mancante. Io mi vesto con quello che ho ed inizio a cercar di far funzionare il Distox. Potle porta la corda da 60 a Giusto e i due spariscono nel buio sottostante. Io rimango a cercare di rilevare col Distox: bestemmie. La caverna iniziale è inondata di luce e non riesco a “vedere” il puntino rosso del laser. Ci metto mezz’ora buona a chiudere il rilievo del primo tratto anche perché non mi ricordo più come cacchio funziona TopoDroid e Distox. Chicca: il Distox è giù di batteria … (altre bestemmie).
Mi affaccio sul saltino e cerco di capire cosa succede di sotto: i due zuzzurelloni confabulano, ridono e scherzano felici scivolando sul ghiaccio fossile. Li riporto alla realtà chiedendo come cacchio mi conviene fare la battuta sul pozzetto per non incasinarmi la vita. Potle si risveglia e risale faticosamente il tratto che lo separa da me. Giusto continua a trapanare allegramente. Scendo anch’io e mi ritrovo in una galleria discendente ghiacciata. Gli occhi di Potle brillano e anche i miei. Con qualche difficoltà di equilibrio scendiamo sempre agganciati alla corda.
Percorso una galleria orizzontale per qualche metro ci affacciamo ad un secondo pozzo. Giusto “è di sotto” e ci aggiorna: tratto verticale, 2 frazionamenti ravvicinati, poi scivolo sempre tutto immancabilmente nel ghiaccio … poi però sembra toppare… ahimè. DELUSIONE cocentissima. Speravamo di aver “beccato” un nuovo Abisso da dedicare a Bonni, ma anche stavolta NIET. Mi guardo attorno, la grotta però è veramente eccezionale. Ambienti unici ed inusuali. Un paradiso per qualche glaciologo. Potle fa foto. La tacca della batteria del Distox scende ad un livello preoccupante … CONTEMPORANEAMENTE un richiamo di Giusto dal fondo imprime una nuova direzione alla giornata: sta morendo la batteria della sua Zebralight e deve risalire al volo visto che non ha batterie di ricambio con sé: non si aspettava di stare in esplorazione così tanto! Noi stiamo fermi e lui ci raggiunge. Rapido consulto e decidiamo di uscire per sistemare “i buchi” logistici e poi rientrare per chiudere il lavoro iniziato.
Raggiungiamo il Drop che si fa raccontare tutto e si innamora della Zebralight di Giusto. Io metto in carica il Distox grazie al powerbank che mi sono portato appresso, Giusto cambia la batteria alla sua frontale. Potle cerca meglio nel suo zaino il croll senza trovarlo cmq. E’ ora di pranzo e mangiamo qualcosa discutendo dei curiosi nomi di alcuni paesi del Friuli (Attimis, Subit, Cijalis …) poi passato un po’ di tempo per ricaricare il pezzo da rilievo ci rimettiamo in moto. Scendiamo solo io e Potle visto che purtroppo la voragine stoppa: completeremo il rilievo, foto e disarmo. Giusto rimane con il Drop e dona il suo Croll a Potle che allegramente pensa di scendere con il maillon ventrale non completamente serrato (chissà perché non si chiude facilmente …). Grazie al trucchetto del discensore usato come chiave anche questa ennesima rogna la sistemiamo e scendiamo. Unico ad averli portati stavolta indosso i ramponi e me li godo appieno. Scendiamo il secondo pozzetto nel ghiaccio ed ovviamente ennesimo imprevisto: il Distox impazzito cambia unità di misura passando da “metri” a “feet”: mi incazzo. Ci perdo 10 minuti per vincere la macchina infernale e poi posso proseguire, ormai completamente ghiacciato e bagnato. Va beh. Scivolo finale e siamo nella sala del fondo. Molto suggestivo lo spettacolo che mi si para davanti: un muro di ghiaccio striato perfetto che non ha mai visto anima viva. Ultime battute e guardo il risultato: -51 metri per 91 metri di sviluppo. Beh non male viste le premesse di una settimana fa. Peccato però che una grotta così termini dopo solo 50 metri. Capita. Potle fa le ultime foto e prende gli ultimi appunti e schizzi per completare il rilievo mentre io grazie ai ramponi raggiungo un ultimo pertugio che potrebbe rappresentare l’unica possibilità di prosecuzione, ma non scopro nulla di cui gioire.
Risaliamo. Potle al disarmo (GRANDISSIMO dopo 3 anni di inattività forzata causa spalla fuori uso). Appena sotto al saltino iniziale sentiamo i richiami del duo esterno. Sono preoccupati perché sono già le 18.00 e pensavano fosse accaduto qualche intoppo! Mi meraviglio e li tranquillizzo subito. Purtroppo ci siamo “persi” in quello che stavamo facendo senza guardare l’orologio … tutto qui. Capita.
Usciamo subito e vediamo di recuperare il tempo perso. Alle 18.30 inizia a calare il buio. Ovviamente ci ritroviamo di nuovo con 3 frontali “ok” ed una NON ok. Tappiamo il buco utilizzando un caschetto speleo. Tutta la giornata così … sembriamo veramente dei dementi … “professionals” fino in fondo però. Ce la ridiamo di gusto. Giù di corsa! Scendiamo come razzi rischiando un paio di ruzzoloni e arriviamo alla Malga Coot in tempo per poter chiedere “E’ possibile forse ancora cenare qui!?”. Un caldo e aperto sorriso ci accoglie e ci ritroviamo seduti davanti ad un caminetto acceso condito da birrette fresche, frico, polenta e grappini al mugo e sedano selvatico.
Ultimo colpo di scena: parlando con il gestore della malga lo informiamo di quanto fatto senza sorprenderlo più di tanto. Sorridendo ci conferma che sa benissimo dove siamo stati, gli abitanti della valle la conoscono come “Caverna dei Camosci” e vista la presenza del ghiaccio la usavano in passato per conservarci il cibo … Ecco spiegata quindi la presenza di rami simili a “bastoni” che abbiamo visto qui e là durante la discesa: devono averli portati i valligiani per sistemarci poi quello che volevano conservare … Non ci rimane che aggiungere un nuovo tassello al Catasto Regionale delle Grotte.
Siamo tutti felici e sereni, è una giornata speciale, una giornata di zucchero e ci lasciamo cullare dalle curve della strada di ritorno … Sogni d’oro.
Bellissima giornata!!!