Dopo aver raggiunto il punto di saturazione “periodico”, grazie alla mia dolce metà scatta finalmente un meritato week end di stacco in terra di Francia con destinazione la regione dello Champagne: Reims! Preso dai soliti impegni quotidiani sono costretto a restringere negli ultimi giorni un’analisi sommaria della zona per poter organizzare qualche visita o gita nei dintorni che non si concentri sulla sola cittadina dove fu messa al rogo Giovanna d’Arco e consultando Google Earth scorrono sotto i miei occhi nomi come “Argonne”, “Somme”, “Verdun” tutti teatri delle battaglie più sanguinose della Prima Guerra mondiale. Con un certo interesse ed entusiasmo inizio a fissare punti GPS sul mio fidato “Backcountry” … poi in men che non si dica arriva il giorno di partire e finalmente salgo sul volo prenotato con largo anticipo.
Il nostro hotel si trova a Pontavert una manciata di km a Nord di Reims la capitale mondiale dello Champagne e a dir la verità nelle mie investigazioni a tavolino non ho trovato alcunchè di veramente interessante nei dintorni, ma consultando i numerosi depliant disponibili nella reception del nostro Relais mi cade subito l’occhio su un nome ”Caverne du Dragon”. Rimango interdetto, lo apro ed inizio a scorrerlo scoprendo così che a meno di 8 km scorrevano le trincee che contrapponevano truppe francesi e germaniche nel primo conflitto mondiale. Purtroppo non ho avuto il tempo di memorizzarmi una linea del fronte per cui mi aspettavo di dover percorrere almeno una quarantina di km a sud per trovare qualcosa da vedere, invece basteranno pochi minuti. La cosa mi entusiasma subito anche perché il depliant recita che la “Caverne du Dragon” si trova nel percorso storico didattico del “Chemin des Dames” che si snoda sull’altipiano carsico che domina la campagna circostante … carsico … c’est parfait!
Faccio uno più uno, guardo Hanna e le dico: si va? La risposta è per mia fortuna un piacevole sì e così saliamo in macchina per percorrere quei 10 minuti scarsi di tragitto che ci separano dal campo di battaglia.
Giornata stupenda fresca e soleggiata. Passano 10 minuti, sorpassiamo il villaggio distrutto di Craonne percorrendo una piacevole strada panoramica che sale al plateau, poi all’orizzonte intravediamo una costruzione accattivante su cui troneggia una sola scritta: Caverne du Dragon. Parcheggiamo e raggiungiamo il cartellone illustrativo posto vicino alla macchina. Leggo attentamente: si parla in modo generico di una “caverna” nota sin dai tempi medievali utilizzata dai tedeschi sin dai primi mesi del conflitto, adattandola ad uso bellico nei 3 anni successivi fino a farle raggiungere dimensioni imponenti. I francesi sono riusciti ad occuparla solo parzialmente al termine del conflitto portando i combattimenti anche nel sottosuolo, visitandola si entra nel vivo di quello che fu uno dei teatri di battaglia più cruenti del conflitto ’15-’18.
Mi guardo attorno di nuovo, il paesaggio è dolce e gentile, prati e campi ovunque, qualche bosco qui e là, non mi sembra un terreno “carsico” cui sono avezzo, ma il pannello è chiaro, è scritto “caverna” e non “bunker” … quindi si tratterà di una cavità in parte naturale ed in gran parte artificiale. Non ci resta che pagare il biglietto ed entrare (durata del tour un’ora e mezza!!!).
Appena dentro ci viene detto di affrettarci perché la visita sta per iniziare e dobbiamo raggiungere la guida che è già scesa all’imbocco della cavità … Scendiamo velocemente le scale e il cemento lascia il posto a pareti di roccia calcareo-marnosa. Percorsi 15 metri di dislivello imbocchiamo un tunnel oscuro dal fondo naturale perfettamente piatto e secco dove fra luci tenui odiamo la guida snocciolare tutte le informazioni sulla “Caverne du Dragon”. Ci fermiamo in fondo al gruppo: saremo in tutto una trentina (ahia) … La guida parla … parla … parla, con estrema enfasi cita l’histoire, la guerre, la morte, blah blah blah … bravo, ma un po’ troppo prolisso per i miei gusti. Mi concentro sull’ambiente circostante: soffitto e pareti squadrate dappertutto come se qualche mostro gigantesco avesse mangiato “geometricamente” la roccia, sembra a tutti gli effetti una cava sotterranea imponente dove le pareti sono segnate da piccoli graffi regolari come se fossero state scavate a mano con picconi, rendendo tutto liscio e regolare. La roccia è calcarea, ma marnosa e si sbriciola se la si sfrega. Spaccature enormi qui e là sul soffitto e pareti adornate di “vetrini” fanno capire che il sito è in sicurezza, ma il tempo e i bombardamenti ne hanno messo a forte prova la stabilità. Qui e là qualche rete d’acciaio sembra sostenere blocchi orrendamente sospesi.
Hanna ascolta con più attenzione il nostro cicerone e mi conferma che ci troviamo nella parte artificiale della cavità sfruttata ed ampliata dai tedeschi in un secondo momento: siamo nel lato “Sud” del complesso quello che si affacciava sulle linee francesi, mentre i tedeschi sono penetrati nel sottosuolo dal lato “Nord” sfruttando l’ingresso della “vera” Caverna del Dragone. Bingo. Iniziamo il giro. Raggiungiamo nel percorso delle teche in cui sono esposti vari cimeli di armi e munizioni e le mappe della cavità ad inizio e fine conflitto: le osservo avido e cerco di capire … Inizio a leggere nomi come “Grotte de la Creute” (o Creutehöhle) che si riferisce alla parte “meridionale” del complesso e “Grotte du Dragon” (o Drachenhöhle) che si riferisce alla parte settentrionale della cavità. Vi erano ben 7 uscite oltre l’ingresso e il nome scelto dai militari germanici si dovrebbe riferire alla mitologia dei Nibelunghi in cui compare il leggendario drago dalle 7 teste da cui stavolta sputavano fuoco le mitragliatrici.
Continuiamo la visita. La caverna era dotata di acqua grazie a tubature e pozzi che captavano acque sotterranee, di un ospedale da campo, di depositi di munizioni per cannoni, di telefoni e corrente elettrica: un labirinto del Minotauro in miniatura. Gli strumenti chirurgici d’epoca esposti fanno rabbrividire se comparati a quelli odierni. Raggiungiamo la parte Nord. Si intravede un cunicolo sbarrato da una grata metallica: ci viene detto che quello è l’ingresso della Caverna del Dragone, ma non è più percorribile perché parzialmente franata. Delusione pazzesca. Odo stillicidio, ma non intravedo assolutamente nulla a parte la canna di un fucile appoggiata ad una parete. Rimango interdetto. Scatto un paio di foto nella penombra, poi dobbiamo proseguire la visita. Scorrono davanti ai nostri occhi scritte sui muri a testimonianza dell’occupazione tedesca, reperti bellici, pannelli fotografici e alcune suggestive installazioni luminose. Raggiungiamo una sezione semi crollata sostenuta da travi di legno (rinforzati) dove fanno bella figura picconi e attrezzi dei “pionieri”. Il percorso è circolare e si intravedono dei muri a secco eretti in mezzo alle gallerie muniti di feritoie. Bizzarro mi dico, ma poi puntuale arriva la spiegazione della guida: una volta che i francesi erano penetrati nel complesso nel giugno del ‘17, i tedeschi hanno continuato ad occupare la parte Nord del complesso, mentre i francesi si sono arroccati in quella Sud. Essendo l’unico posto disponibile protetto dall’artiglieria, tutti volevano usufruirne, per cui anche se le trincee poste sopra la caverna continuavano ad essere teatri di aspri combattimenti, qui sotto si viveva sospesi in una surreale “vigile” tregua spezzata solo da qualche sporadica fucilata o bomba a mano, separati da semplici mura, come in un condominio orrifico.
Raggiungiamo infine una sala dove sono esposti in modo suggestivo tutti i lavori artistici effettuati dai soldati utilizzando bossoli d’ottone o schegge. Saluti di commiato e finisce il giro. Risaliamo le scale dopo l’ora e mezza prevista e ci godiamo due bei caffè per riscaldarci un pochino.
Sono interdetto. Tutto mi sa di “fregatura” (speleologicamente parlando). Io di “caverna” in senso geologico non ho visto traccia. Tutto mi sapeva di artificiale, compresa la parte “Nord”. Inizio ad indagare meglio grazie ad internet e ad un paio di altri depliants, poi inizio a capire: si citano nella zona numerose “carrière souterraine” sfruttate sin dal Medioevo per l’estrazione di blocchi di roccia per la costruzione di vari edifici tra cui l’Abbaye de Vauclair … Con una successiva ricerca etimologica trovo infine risposta all’arcano: i tedeschi sono entrati in una “carrière” cioè una cavità artificiale, nello specifico una cava sotterranea di pietra calcarea medievale e non in una “caverne” che indica invece correttamente una cavità naturale! Successivamente i soldati germanici devono aver utilizzato il termine “kaverne” che in tedesco indica effettivamente una cavità artificiale e questo termine è stato tradotto “per assonanza” nel francese “Caverne” snaturandone completamente il significato “geologico” originale.
Mistero risolto anche se questo conferma che di speleologico non ho visto proprio un bel nulla. Ma se passate nei pressi di Reims, oltre a degustare un flute di champagne, fatevi anche un giro alla “Caverne du Dragon” percorrendo il Chemin des Dames, ne vale sicuramente la pena, credetemi! A la prochaine fois!
Buongiorno. Ho letto con molto interesse la descrizione della visita alla Caverna che anch’io ho visitato qualche anno fa. Consiglierei la lettura del loro Carnet che è scaricabile dal sito e che nel n.1 spiega nel dettaglio anche il perché del nome “dragone”….