E’ cosa del tutto normale ricevere telefonate dal Potle del tipo “Ciao, come xè? Ah, te lavori? Mi inveze iero a far una caminada in Carso e go trovado un do’ busetti interessanti de verzer….”, oppure incontrarlo e sentirsi dire: “Ah, ieri te son andà in grotta là? Mi anni fa gavevo trovado un buso in zona de scavar che andava zò un trenta metri… colonna de vapor…. slarga subito, basta tirar via un do’ piere” e via dicendo. Di anno in anno, gli scavi possibili ma mai effettuati si accumulano e spariscono inghiottiti nel marasma totale della mente “potlesca”, cancellati da altri più recenti, visto che il personaggio in questione è notoriamente refrattario a qualsiasi genere di ordine o precisione e si guarda bene dal tenere una qualche sorta di archivio scritto, magari con le coordinate… Tutto “a sentimento“…
Per porre un freno a questa incresciosa situazione lo esorto ad intraprendere l’allargamento di alcuni buchetti che, nel corso degli anni, mi sono rimasti impressi. E’ così che un mattino mi ritrovo a vagare in zona Borgo Grotta in compagnia del suddetto Potle e di Edox, nonchè di Ambra coll’immancabile Ajka, ed Elena con Luna. Queste ultime svaniscono quasi subito con i citati quadrupedi e non ne avremo più notizie sino a sera, mentre noi grufoliamo alla ricerca dei fantomatici orifizi.
Quasi subito Potle individua il primo, che dopo un rapido controllo GPS risulta essere una grottina già catastata (in posizione leggermente errata) ma comunque interessante da riaprire. Iniziamo di buona lena ad estrarre massi e terra palesemente in loco da una quarantina d’anni, il che fa ben sperare a livello di possibili prosecuzioni; il lavoro è ben presto portato a termine ed iniziano le titubanze, in quanto sulla descrizione della grotta si parla di ingresso talmente stretto che è impossibile uscirne senza l’aiuto di una seconda persona… A me sembra ridicolmente largo e srotolo la scaletta ma Edox, memore di passate e non piacevoli esperienze, sentenzia che in questi casi io non faccio testo. Potle ovviamente lo spalleggia. Osservo e riconsidero attentamente il tutto, poi ribadisco che ciò che vedo non collima assolutamente con la temibile descrizione data… finalmente con astruse misurazioni e calcoli balistici convinco Edox a provarci: per fortuna ho ragione, ed il tapino passa addirittura agilmente oltre l’orifizio dove in men che non si dica lo raggiungiamo. La grotta è proprio quella, impossibile sbagliarsi. Il rilievo batte sin nei minimi particolari, purtroppo anche nell’assenza di prosecuzioni se si eccettua la poco invitante ed ermetica frana all’estremità della galleria. Così risaliamo, richiudendo l’ingresso e continuando a chiederci dove sia finita l’orrenda strettoia.
Passiamo quindi a due buchetti nelle immediate vicinanze, vicinissimi tra loro. Nel primo, caratterizzato da una discreta corrente d’aria, dopo un breve scavo sono io ad infilarmi per decisione unanime ed evidenti ragioni di spazio: i due bricconi cercano di immortalare con il cellulare l’impresa, degna di un rettile, ma li frego in velocità e sparisco nel sottosuolo. Viaggio assai breve, in quanto l’ambiente è talmente angusto che è impossibile lavorarci ulteriormente… la buona notizia è che non dovremo nemmeno provarci, in quanto il cunicolo punta palesemente verso l’altro buchetto. Ci spostiamo quindi sul “pezzo forte” che, a dir la verità, ha proprio un aspetto invitante. Dopo una breve ma intensa disostruzione iniziale appare una bella condotta orizzontale con aria: smazzettando a turno come invasati ed abbassandoci nel riempimento terroso del fondo la rendiamo ben presto percorribile… anche stavolta vengo designato all’unanimità per l’impresa, ma dopo che mi sono inoltrato per parecchi metri senza incontrare ostacoli riesco ad attirare i due pirla con fantasiose descrizioni di mirabolanti ambienti sotterranei. Ecco ben presto un totale di tre pirla compressi e distesi in fila indiana alla fine di una condotta levigata lunga dodici metri: davanti un insormontabile ostruzione di terra compatta e concrezione, e più oltre, verosimilmente visto l’orientamento, la frana notata nella galleria esplorata all’inizio. Aggiungendo lo scavo abbandonato prima, il tutto si concretizza come un’unica cavità molto vicina alla superficie ed interrotta da crolli.
Una volta usciti dopo aver rilevato, neanche tanto comodamente come si può facilmente immaginare, abbiamo incredibilmente ancora voglia di grotta… Ce n’è una proprio lì vicino, guarda caso… un interessante pozzo da 18 metri. Opto per una discesa in scala senza sicura, così al volo, come mia radicata abitudine in questi casi. Affido a Gianni & Pinotto il compito di assicurare la scaletta ad un albero mentre mi preparo, e me ne pento subito dopo controllando il risultato: d’altra parte siamo rimasti in pochi ad avere dimestichezza con simili attrezzi antidiluviani, per cui li perdono mentre riarmo il tutto debitamente. Scendo con la disapprovazione dei miei compagni che, assennatamente, non intendono condividere l’esperienza. Poi però, mentre sto ravanando tra i massi alla base del pozzo, sento oscillare la scala ed ecco inaspettatamente apparire il Potle… insieme finiamo di esaminare fondo e pareti senza risultati. Manca un punto da controllare, che già ci era noto dal rilievo e sembra molto interessante, ma l’arrampicata in libera per raggiungerlo è insidiosa e la giornata volge ormai al termine: per ora meglio risalire. Ritorneremo.