Finalmente le previsioni sono eccellenti: sole ovunque. Il sito regionale, meteo.fvg.it, non lascia dubbi: mostra tanti tondi gialli sparsi sulla regione, solo una piccola nuvoletta bianca nel quadrante nord est…sciocchezze.
Ideale per rilevare assieme a Robi un grande cavernone sul monte Canin, in programma da tempo. Giro di telefonate: Kubo è libero ma Robi incerto. Nessun problema, casomai attiveremo il piano B, battuta di zona sui Musi in un’area carsica nella quale non risulta nessuna grotta dal catasto.
7 del mattino, aspetto presso lo stagno di Contovello godendo del leggero tepore mattutino del sole che si riflette tra le ninfee. Arriva Kubo e non vedendo Robi c’instradiamo verso la catena dei Musi.
Lasciamo la macchina a Ponte Casello a sud di Borgo Lischiazze, 570 m slm , il nostro obbiettivo è Stanze, un piccolo pianoro a circa quota 1400 metri. Partiamo all’ombra del monte Cadin. Propongo a Kubo la variante per il sentiero 730 che porta al famoso Fontanone Barman che ci costerà ulteriori 200 metri di dislivello ma l’impagabile visione dei ruderi di Casera Planinizza. Il sentiero è ripido e sempre bagnato, vedo il compagno di merenda un po’ cupo sulle pietre sdrucciolevoli e per le nuvolette che coronano beffarde le cime dei Musi. Per chi non fosse della zona ricordo che nella catena dei Musi, grazie alla particolare conformazione orografica ed all’esposizione alle correnti umide provenienti dal Mar Adriatico, si rileva uno dei più elevati valori pluviometrici d’Italia (valori medi superiori a 3000 mm annui). Le nuvole in prossimità della cresta continuano ad oscurare il sole, intanto , superata la Forchia (1192 m) verso mezzogiorno siamo in zona “operativa”. Qualche chilometro più a est, nelle pendici settentrionali delle Cime dei Monti Musi il Gruppo speleologico San Giusto aveva condotto un’esplorazione sistematica per una decina d’anni scoprendo più di 230 grotte, raggiungendo la profondità massima di 485 metri con l’abisso “R. Pahor”. Siamo sempre in ombra e nel bagnato, mentre tutto intorno è illuminato dal sole ma gli sprofondamenti e doline che vediamo fanno ben sperare per una promettente area carsica.
Ci dividiamo quasi subito. Mi ritrovo in un groviglio di faggi contorti e pini mughi. Crepacci e pozzetti (al massimo di 4-5 metri) in ogni dove sono trappole che mettono seriamente a repentaglio ginocchia e caviglie. Due volte scivolo sulla brina e finisco sul fondo dei buchi che comunque, sotto lo strato di foglie e rami, sembrano proseguire. “Ioooploooop”, sento kubo da lontano. Dopo qualche ora ci ricongiungiamo. Anche lui stessi risultati: molti ingressi, belli e circolari, ma nessuno sembra continuare… Ci arrendiamo verso le 16 per stanchezza rilevando solo un misero cunicolo di 7 metri. Ora scendiamo per il più comodo sentiero 703.
L’ombra derisoria ci accompagna fino alla macchina mentre il sole caldo e beffardo illumina il vicinissimo monte Cuzzer di fronte a noi, che ci ha accompagnato come un faro splendente per tutta la plumbea (…e solo dove eravamo noi!) giornata.