Ci svegliamo di buon mattino. E’ estate. Un caldo secco ed un cielo terso ci accompagneranno per l’intera giornata. Oggi ci aspetta un percorso circolare che dal nostro Auberge Ain Sahla ci porterà a Taza prima e nella piana di Chiker poi, per rientrare la sera di nuovo qui.
Il paesaggio che ci circonda ricorda la Provenza francese più selvaggia con roccioni e vegetazione mediterranea. Prendiamo la macchina e percorrendo una gola dirigiamo a Nord per imboccare l’autostrada in direzione Est verso Taza. Al contrario di ieri quando dovevamo correre per raggiungere in tempo Kaf el Ghar mi godo il panorama e scatto un po’ di foto dal finestrino: tutte le pareti di falesia rossa che mi circondano sono costellate di imbocchi di caverne e ripari. Sono lontane dalla strada e visto il tempo col contagocce rinuncio a malincuore a raggiungerne qualcuna. In un’oretta siamo a Taza con i suoi taxi color azzurro. Ogni città in Marocco ha i taxi di un colore diverso: rosso fiammante, giallo, nocciola basta guardarsi attorno e si sa dove si è … altro che Tom Tom! Tutto è pulito e la strada piena di rotonde adornate di aiuole coloratissime, varrebbe la pena fermarsi, ma purtroppo non ce lo possiamo permettere stavolta. Appena usciti dalla città la strada inizia a salire ripida con tornanti degni dell’Alto Atlante. In breve tempo raggiungiamo la piana di Chiker: uno spettacolo che trasmette pace e maestosità. Si tratta di un polje vero e proprio dove si forma un lago temporaneo in caso di forti piogge: un lago Circonio in Nord Africa. Siamo nella culla del carsismo marocchino e ci rechiamo alla grotta turistica per antonomasia: il Gouffre de Friouato. E’ la cavità più nota, una via di mezzo fra la Grotta Gigante ed una Noè a cielo aperto. Raggiungiamo il parcheggio sul fianco della collina che si affaccia sul polje. E’ mezzogiorno e fa caldissimo. Ci sono dei turisti nei pressi della biglietteria: chi in infradito chi con tuta di cotone, caschetto e Tikka … E’ il nostro turno e ci informiamo con chi sta alla Cassa sulle 2 opzioni: 3 ore abbondanti con tuta, caschetto e guida oppure autonomi, ma fino alla base del primo Salone. Ci guardiamo e optiamo per l’indipendenza pagando i dovuti 5 dirham a testa (1 euro = 11 dirham … fatevi voi i calcoli). Ci spostiamo di una decina di metri e consegniamo i nostri 2 biglietti all’ingresso turistico. Appena dentro una scalinata ripidissima in cemento scende agli inferi: un adattamento parziale di un “camino laterale” che da accesso al maestoso pozzo principale. Dopo il primo tratto, angusto ed illuminato da fioche lampadine ci si ritrova di colpo su una specie di belvedere quasi alla luce del sole affacciati a perpendicolo sulla parete del pozzo “Aven”: 164 metri in tutto.
In pratica si intercetta la verticale 58 metri più in basso dell’ingresso naturale di dimensioni considerevoli tanto da essere visibile anche consultando le mappe di Google Earth. Si scende poi per altri 45 metri lungo gradinate ardite in parete per raggiungere il ghiaione possente che termina alla profondità di -164 metri: con il biglietto pagato possiamo andare fin lì. Dopo il pozzo la grotta continua, ma si deve procedere accompagnati da una guida: attraverso massi di frana si entra nella successiva “Salle Lixi” e si continua a scendere fino alla profondità di – 230 metri dove si percorre una lunga galleria orizzontale e ricca di concrezioni di circa 3 km di sviluppo. Scendiamo i gradini con attenzione (ce ne fosse uno di altezza standard a pagarlo!) incrociando donne con il velo e uomini in scarpe da ginnastica poi in breve siamo al fondo. Sembra di essere in una “mega Cacciatori” del nostro amato Carso e mi sento a casa anche se fa parecchio fresco. Scattiamo un po’ di foto e poi decidiamo di risalire i 129 metri che ci separano dal sole. Non posso non notare in risalita le scritte sbiadite in arabo fatte con spray rosso. Sorrido: chissà che ci sarà scritto?!?! Mistero. Usciamo in mezz’ora sotto un sole bollente. Vorremmo mangiare qualcosa nei pressi dell’ingresso naturale, ma è pieno di turisti dappertutto. Rinunciamo immediatamente e ci caliamo nel polje con la macchina sgranocchiando qualcosa della nostra merenda e bevendo un paio di sorsi d’acqua. Piano “B” vorrei trovare almeno l’ingresso dell’altra conosciutissima cavità che si apre nella piana: la “Grotte de Chiker” Questa non è turistica e sembra abbia all’interno un sifone lunghissimo o almeno così ci hanno detto all’albergo: “è il più lungo del nordafrica”. Il tutto citando numeri in km a 2 cifre, ma sarà vero?! Di vedere un rilievo non se ne parla … Come già successo ieri per Kaf el Ghar alle pendici del Rif, anche in questo caso la posizione precisa non sono riuscito a trovarla nè via internet nè consultando le guide, so solo che “è qua in mezzo”, ma DOVE?!? Decidiamo di provarci e grazie ad Hanna interroghiamo chi ci capita a tiro. Tocca prima ad una bambina che vende dei fiorellini lungo la strada: ci capisce a malapena, ma non fa che re-indicarci Friouato dove siamo appena stati. Via! Ad un incrocio becchiamo altre 2 bambine che vendono delle radici (o sono dei bulbi?!?) di cui ignoriamo sia la provenienza che l’uso. Sono timidissime e schive e anche loro purtroppo ci indicano Friouato. Le ricompensiamo con qualche dirham senza però azzardarci a prendere la loro mercanzia. Siamo un po’ sconsolati: 2 tentativi andati entrambi a vuoto. Proseguiamo ancora un po’ con la macchina ed incrociamo 2 uomini con un pick up. Stavolta è la volta buona: uno dei 2 è un militare simpaticissimo che si mette a chiacchierare in lungo e largo con Hanna. Abita nella piana e sa cosa cerchiamo: è sufficiente ritornare sui nostri passi fino alla Madrassa (scuola coranica) che abbiamo visto a fianco della strada. L’ingresso è vicinissimo. Ringraziamo con il consueto sorriso accompagnato dall’immancabile shoookran e dopo poco parcheggiamo l’auto. C’è anche una casa nei pressi e prontamente un cane fa capolino e ci prende di mira abbaiando in modo poco convincente. Dopo 30 secondi scarsi esce anche un bambino che ci osserva curioso e sorridente. Hanna gli fa cenno di avvicinarsi e lui ci corre incontro. Breve conciliabolo in marocchino stretto ed è così che troviamo la nostra guida: Ahmed! Si mette alla testa e punta diritto ad una casetta diroccata vicina alla strada che dice essere stata costruita dagli speleologi francesi, poi ci indica dei muraglioni in cemento: la grotta è là. Bene! Raggiungiamo le opere: stranissime.
Dalla piana è evidente la traccia di un torrente secco che defluisce alla base di una muraglia che sembra essere una specie di chiusa. Un altra muraglia più in alto è invece eretta a semicerchio: forse è una cisterna con le pompe ad uso agricolo?! Salgo sul muro e trovo quello che non pensavo di vedere: un ingresso con un passamano a chiocciola in ferro che termina dove inizia una scala estremamente malandata che scende un pozzo naturale … Tutto sembra risalire ai primi del ‘900: non mi azzardo a scendere. Raggiungo infine quello che sembra essere la vera in cemento di una semplice cisterna: è questo il vero ingresso della grotta! Vedo un pozzo meandriforme di una decina di metri che finisce in una pozza d’acqua. Con il consueto lancio di pietre riesco a percepire anche un secondo scivolo di una ventina di metri ed un laghetto alla sua base. Sono soddisfatto, almeno anche questa grotta l’ho trovata, in quanto ad informazioni tecniche l’unica cosa che so è che “c’est la principale cavité de la région. Elle débute par un puits de 10m dont la base est occupée par un lac. Deux autres puits séparés par un plan d’eau aboutissent dans une galerie de 700 m”.
Vabbè ritorniamo all’auto, salutiamo Ahmed e gli lasciamo qualche dirham per la gentilezza che ha avuto con noi. Ci rimettiamo in cammino percorrendo la strada panoramica del Parco Tazzeka, poi dopo un paio di km ci fermiamo a mangiare la nostra agognata “piadina” fatta di pane arabo farcito di formaggini alle olive rigorosamente “vache que rit”. Sembra di essere in Croazia a Cherso, manca solo il mare: siamo in un carso mediterraneo fatto di calcare e terra rossa cosparsa di lecci. “Chissà quante grotte ci saranno nei boschi” penso e non mi capacito che sia impossibile trovare posizioni, rilievi e cartografia della zona. Ci sono possibilità enormi, ma senza informazioni dettagliate è impensabile organizzare alcunchè … un gran peccato.
Immersi nel verde fra boschi rigogliosissimi di lecci e querce da sughero, scorgiamo in lontananza verso sud le cime innevate dell’Alto Atlante. Pigramente guidiamo fino al nostro auberge e mettiamo in pratica il nostro proposito: prendere finalmente un po’ di sole a bordo piscina. Pacchia! Domani è un altro giorno e punteremo a Sud verso Taferdouste: la Macchu Picchu berbera …