Cocchi sull’Ursich

Siamo alle solite. Potle ha aperto il vaso di Pandora stavolta sull’Ursich. Molti ingressi. Qualcuno promette bene. Dobbiamo capire meglio … Un week end di fine  estate quando non ci sono forze sufficienti per il Firn decidiamo che è la volta buona. Il meteo è speciale.
Io e Potle partiamo il sabato pomeriggio alla volta di Sella Nevea: Giusto impegnato col Soccorso a Villanova decide di raggiungerci il giorno seguente in diretta al Gilberti.
La scelta dipende dal fatto che la funivia è ormai già chiusa e se domenica vogliamo girovagare in alto con zaini pieni, salendo al Gilbo (ancora aperto) il sabato sera riusciremo a gestire le forze al meglio. Giusto è un jolly non possiamo contare ciecamente su di lui, se ha un contrattempo deve dare forfait ergo … saliamo in modo “autonomo”.
Recupero Potle ad un party della sua prole trascinandolo a forza via da una partita di calcio dove riesce a dare il meglio di sè. Arriviamo a Sella alle sette di sera. Il sole è già in discesa, ma la strada per la pista da sci la conosciamo a memoria: meglio freschi col buio che cotti alla luce del sole. Ore 19.20: go! Il magico Potle ha ovviamente preallertato i gestori del Rifugio per evitare sorprese. Dopo 20 minuti di buon passo, sudati al punto giusto iniziamo ad avvertire un ronzio persistente dal fondovalle. È buio pesto e camminiamo SENZA luce, abbigliamento LEGGERO perchè sotto il  peso degli zaini sentiamo anche troppo caldo. Il ronzio si avvicina. A breve ne capiamo il motivo: il gestore sta andando al rifugio in quad. Appena ci vede sulla pista si ferma: Michele confabula al finestrino poi pieno di entusiasmo mi fa “Buttiamo gli zaini nel quad! Ce li porta lui! Saliamo scarichi!“. Non me lo faccio ripetere. Detto fatto: il quad riparte e sparisce nel buio. Noi ne abbiamo ancora per 45 minuti buoni.
Silenzio. Buio. Il vento di tramontana mi ghiaccia il sudore sulla schiena. Realizzo la cazzata fatta. Dico a Potle: “Siamo dei geni, abbiamo dato gli zaini al gestore e non abbiamo altro che quello che indossiamo: no luci, no pile, no acqua, no cellulare. Nulla di nulla.” Silenzio del mio compagno che poi risponde sconsolato “Fatta la xè“.

Non ci rimane che non fermarci mai e salire al buio cercando di interpretare le macchie bianche e nere davanti i nostri piedi. Quasi alla méta io scorgo strane luci e lampi fra i massi sotto le pareti del Bila Pec: un mistero che rimarrà tale perchè nessuno sa chi o cosa possa essere. Per le 20.45 siamo al Gilbo. Entriamo al calduccio. Non siamo i soli ospiti … Sorpreeeesaaa: Totò e Gino della Cgeb stanno cenando prima di ritornare a valle con il Patrol. Purtroppo per loro il trapano li ha piantati in asso e hanno dovuto interrompere l’esplorazione nella Conca dei Camosci. Ceniamo degnamente ridendo con loro e degustando grappini vari. Poi alle 22 e spiccioli  scendono  a valle mentre noi ci ritiriamo in busta. Siamo entrambi malconci. Io reduce dall’infiammazione al braccio destro Potle invece per vertigini e dolore al dente del giudizio che deve appena togliere. Passiamo la notte così così. Al mattino seguente alle 07.30 arriva Giusto. Facciamo colazione assieme e partiamo in direzione dell’Ursich. Giornata stupenda: gli altri due hanno le attrezzature complete mentre io, visto il casino al braccio, faccio da sherpa e porto corda e attacchi. Il sole cuoce gli entusiasmi. Troviamo e posizioniamo pozzetti e cavernette varie poi ci perdiamo di vista. Io risalgo un ghiaione della morte infinito. Alla fine la spunto e mi affaccio sul plateau di morena lunare. Raggiungo Potle nel mentre Giusto si cala da un buco in parete dove ha emulato Comici per capire se ci fosse qualcosa di promettente o no. Purtroppo non è nulla. Il nostro novello Virgilio ci illustra gli imbocchi già posizionati e scesi con Toni e Bonni la volta precedente, poi arriva ora di pranzo. Colpo di scena! Ci fa “guardate cosa vi ho portato” ed estrae gelosamente dallo zaino una noce di cocco che ci porge quasi come fosse un lingotto d’oro. Io e Giusto increduli iniziamo a sghignazzare “E come la apriamo!?“. Il mecenate insiste “Basta sbatterla. Ha già un taglio di invito su un lato. Cederà subito“. Il famelico Giusto non se lo fa ripetere. Afferra il cocco e inizia a sbatterlo in modo animale su una roccia. Miracolo: si apre all’istante! È fresco! E’ buono! Lo divoriamo. Quando poi Giusto inizia a farneticare su un possibile uso massivo di cocchi in grotta decidiamo che il sole picchia oltremisura e lo trasciniamo all’ombra.


Michele ci conduce all’ingresso della grotta che per lui raggiunge SICURAMENTE – 70 metri (il perchè lo sa solo lui) ed è il motivo principale per cui oggi siamo lì. Entra in esplorazione con un Giusto sfegatato che dopo 10 minuti esce ridendo di gusto: la grotta toppa miseramente. No way. Il tristo Potle rimane a rilevare il rilevabile borbottando frasi senza senso mentre il suo compagno deluso “fa quello che deve fare” in sfregio alla cavità minore a un metro dall’imbocco. Io rido. Saliamo verso Sella Ursich. Esaminiamo un paio di voragini molto interessanti, ma cieche. Poi “scolliniamo” verso il Firn. Qui ci sono le altre grotte posizionate mesi fa da scendere, ma siamo tutti e 3 in stato di “bambolina” e nonostante ci sia ancora tempo a disposizione decidiamo di rientrare mesti per Sella Bila Pec. L’indomani io mi ritroverò con un’infreddatura coi fiocchi, Giusto con l’otite e Potle con labirintite. Un trittico da lazzaretto non c’è che dire, ma recupereremo la prox volta. Alla faccia di chi ci vuol male!

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